Luciano Bianciardi

Caro L,

1920417_974985149182234_8603485889700063619_nero certo che non ti saresti più voltato, e invece eccoti qua. So bene che il tuo è stato sempre un gioco a stupire, capovolgere, estremizzare. Ma confesso che questa non me l’aspettavo. Hai invertito rotta, fatto il gran salto, te la spassi alla grande con il tuo amico Enrico Molinari, traduci dall’italiano all’inglese i grandi della nostra letteratura, e la collana che curi negli Stati Uniti è un cult. Da New York deve sembrarti tutto infimo, distante, e tremendamente ridicolo. Fai bene a ridere di noi, non ti biasimo. «Se continua il miracolo, fra vent’anni tutta l’Italia si ridurrà come Milano», avevi ragione. Sapere che Timber Jack da padrone è diventato politico, ha davvero il sapore del declino. Però le tue domande su Grosseto, sulla provincia italiana, tradiscono i morsi della nostalgia. Sei partito, d’improvviso, lasciandoci ancora una volta a bocca aperta. Libero di farlo, figurati, ma allora perché girarsi? Perché chiedere notizie della tua Kansas City sperduta nella pancia d’Italia? Del chiuso pensiero di provincia? Hai bisogno di conferme per ingannare il tempo? Ma quello con lo spazio, qua fuori o qua dentro, è collegato e raccolto, proprio come dice Don DeLillo e non si sfugge. È una palla da baseball o da pelota basca, come vuoi tu, che passa di mano in mano, gira, inchioda, smuove. Lentamente coinvolge. Per vederlo hai bisogno di piantarti lontano. D’ottimo sguardo, pazienza, parole. Un vortice di parole – a essere precisi – per avvolgere quel suo movimento. Tondo. Per entrare in quel giro sempre uguale: vita, morte. Tutto collegato. Circolare. Se non arresti la fuga non capisci il movimento e non lo racconti. Se ti fermi non segui la palla e quella scivola via. È come per il filo dell’orizzonte, nulla da fare, inutile pena.

Ciao

M

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1 thoughts on “Luciano Bianciardi

  1. […] affetto verso Caputo, ha svecchiato la mia immagine, solo Bettino e Luciano, e non perché sono qui con me, hanno fatto di più e in modi diversi. Sì, avevo chiamato così […]

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