Nel deserto di Foggia,
i negri raccoglievano pomodori,
era un western di cornice,
l’ultimo di John Ford,
la sopravvivenza: davvero impossibile,
a meno che non fossi un bianco e vile, Continua a leggere
Mi chiamo Roger Kegel, faccio tavole da surf, e no, non è un lavoro come un altro. Inseguo la perfezione, voglio che quando un ragazzo o una ragazza mettono in acqua le mie tavole, ci montano, cavalcando le onde, si sentano al sicuro, per quanto questa espressione possa reggere stando in acqua. Una tavola da surf non è una rosa – non so se potete capirmi – per il fatto che deve essere solida. E non basta. È una opera elementare, che va oltre la sua geometria, il cui disegno non può seguire le mode o idee vaghe e inconsistenti che chiamiamo innovazione, né essere offuscata da concetti diversi. Continua a leggere
Come gli animali cancellano ogni traccia davanti alle proprie tane, così Lee Kuan Yew ha provato a fare con la storia di Singapore. Solo che il cinema gli ha rovinato il piano. Per capire il leader, dovete pensare a un patriarca asiatico dalla faccia gentile e le ombre assassine alle spalle, che ha declinato il suo sguardo in migliaia di telecamere di sorveglianza. Per capire l’isola, invece, dovete immaginare un posto salgariano che nel giro di 30 anni diventa Manhattan più Ginevra, Venezia e aggiungerci Shanghai con la pioggia di Londra e i colori di Mumbai. Continua a leggere
Quando la convinse, Ladonnaconlacicatrice sapeva che la richiesta era assurda, eppure stanca di guerra: accettò. È questa è solo l’inizio della questione. Sì, certo, lui fu delicato, assecondò tutti i suoi desideri, ma quando si trattò di capire l’origine della storia, Ladonna disse: «la cicatrice sta di lato, è una rotta di dolore, la mia». E pretese che non ci mettesse la faccia. Era un ritratto di un pezzo, quello di maggior peso, guardando a cuore in fondo alla cicatrice potevi vedere anche l’infanzia e tutto il resto, se ti applicavi spuntavano persino i compagni di classe delle elementari, il cortile, tutto, anche una festa di piazza, meno il nome di chi aveva segnato quella coscia. Continua a leggere
He was the one at the end of the night who put the hat on the dawn. Gian Carlo Fusco never left a single night without his words. He stayed up late, drank and, above all, told stories. Always the centre of attention, he led the discussions and everyone was enthralled by him. A real talent. Narrator, spellbinder, showman. Fireworks, irony, an endless stream of anecdotes. Stories, stories, stories: a travelling show. He was born to tell stories, and to give of himself. The rest: life, body, feelings, work and money, were mere details, accessories — sometimes hindrances. He was a talking novel. A novel written in the sand, lost and found again, deleted and rewritten a million times. Each time a different tale. And yes, even the same one he could toss and mix as he liked. Cutting, stretching, changing and inventing, leaving it open-ended. Genius in action, helped by the night and the booze. Continua a leggere