Archivi categoria: intervista estate

L’estate da Pointe-Noire a Santa Monica

È nei contrasti e nelle sfasature intenzionali tra violenza e ironia, che Alain Mabanckou, scrittore e poeta, manifesta la sua forza. Nato a Pointe-Noire, nella Repubblica del Congo, è poi emigrato in Francia, dove ha pubblicato, trovando lettori e un mucchio di riconoscimenti. È il primo autore francofono dell’Africa sub-sahariana a essere pubblicato nella prestigiosa collana Blanche di Gallimard. Inquieto, curioso, attraversato da variazioni linguistiche e culturali, ha lasciato la Francia per gli Stati Uniti, dove insegna presso l’università della California. Continua a leggere

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L’estate è uno stato d’animo

E lui continua a suonare per loro, proprio come nel finale di “Vacanze di Natale”. Ma lo fa nella realtà, fuori dallo schermo, con molto più successo. Jerry Calà era quello non bello che piaceva lo stesso. Se uno pensa agli anni Ottanta italiani compaiono il suo linguaggio e le sue facce.  “Una vita da libine” come racconta nella sua autobiografia. Era un Peter Pan fatto in casa, che non voleva crescere, di sposarsi nemmeno a parlarne, lavoro saltuario ma divertimento fisso. Il sogno fin dall’inizio, con i Gatti di Vicolo Miracoli, ha accompagnato Calà. È andato a vivere da solo, poi no, poi sì, figlio di papà d’estate a Forte dei Marmi, cantante di piano bar l’inverno a Cortina. È andato in America con Don Buro (il personaggio più bello di Christian De Sica), è stato Yuppie e poi Pony express, inaffidabile e abbronzatissimo. Ma è ancora qua, con i ragazzini che conoscono le battute di questi film meglio dei genitori che li hanno visti a cinema. Continua a leggere

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Non c’è che una stagione: l’estate

Quando dice: «io provo a fare commedie», abbassa la voce, ed è lì che viene fuori l’Enrico Vanzina che non insegue suo padre Steno ma prova a continuare la sua lezione, con amore, senza gara, anche dopo aver sceneggiato più di cento film. È bravissimo nel raccontare le storie della sua vita, nell’evocare i ricordi, cambiando voci e lingue, recitando gli incontri, mimando le facce e la gestualità delle persone conosciute, alternando leggerezza e malinconia, dettagli e campi larghi, è il cinema che si fa a parole, quello che precede la scrittura e poi il girato: che spetta all’altro pezzo della coppia, il fratello Carlo. Insieme possono dire di aver vissuto e di averlo saputo raccontare. A loro si deve il film che dopo “Il sorpasso” di Dino Risi è riuscito a catturare il sentimento dell’estate: “Sapore di mare”. «Noi volevamo proprio evocare “Il Sorpasso”, che rimane il film più bello del cinema italiano: un viaggio, una auto, due amici, ferragosto e il senso della vita. Abbiam cercato anche Catherine Spaak ma non poteva. E, poi, proprio quelli che i produttori non volevano, sono stati gli attori che più hanno beneficiato di quel film». Continua a leggere

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Ho servito John Lennon

Città e uomini hanno bisogno di media che leghino parti lontane, Raffaele Cascone lo è stato per Napoli e i suoi suoni, la sua cultura; poi anche per Roma e l’Italia, conducendo programmi in RadioRai come “Per voi giovani” e “Pop Off”, mettendo in connessione il Mediterraneo con il Mississippi; ha suonato, filmato, viaggiato, un vero beat, riuscendo però a non perdersi; ha attraversato gli anni sessanta e settanta con curiosità: Edoardo Bennato gli dedica nel 1973 la canzone “Venderò”, e dopo 42 anni lo ha ritratto di nuovo in “Pronti a salpare”. Oggi Cascone si divide tra Napoli, Palermo e Londra. Quando gli dico che la sua casa napoletana sembra quella di un ragazzo inglese, risponde, ridendo: «Io sono un ragazzo inglese». Continua a leggere

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Ma l’epoca mia sembra fatta di poche ore

“Un gallastrone che canta fuori orario alle prime stelle, andato oltre Cartesio (penso dunque sogno)”, si descriveva così, anni fa, in una prefazione a Jorge Valdano. Gianni Mura è il gioco che dalle strade del ciclismo e dai campi di pallone arriva alle pagine. Etica ed estetica che trovano forma nella parola, senza perdere le radici di quello che, incontrando i suoi occhi, gli ha dato stupore. La forza della sua scrittura viene dall’esattezza del suo sguardo, che diventa credibilità del racconto. È l’anomalia che alimenta la speranza, tenuta da una leggerezza che dopo 30 Tour de France gli fa già pensare a quello dell’anno prossimo. Continua a leggere

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