Archivio mensile:aprile 2012

Pirati di libri

L’uomo ha un occhio di vetro, il cappello dei New York Yankees, la maglietta del Brasile e mi sta chiedendo se gli ho dato dei soldi falsi, io rido, perché lui è un pirata, uno della folta ciurma che falsifica tutto a Lima, soprattutto libri. Ho appena comprato “El sueño del Celta”, di Mario Vargas Llosa. Quando mezz’ora dopo in una libreria comprerò anche l’originale – sigillato come i nostri cd e col bollino di garanzia – scoprirò che la copia pirata ha una data di stampa precedente. E la storia sembra uscita dalle pagine di Paco Ignacio Taibo II. A Lima puoi anche laurearti con un titolo di Harvard. Basta andare ad Azángaro e chiedere alla persona giusta, e lì te lo dicono con tranquillità: «Tutto, proprio tutto, può essere falsificato». Il Perù è un paese pieno di difetti ma non si può rimproverargli la mancanza di schiettezza, dal razzismo ai falsi, si fa tutto alla luce del giorno, senza vergogna. Quando avevo letto ne “La canaglia sentimentale” di Jaime Bayly dei pirati di libri che gli vendevano i suoi romanzi falsi ai semafori delle strade principali, e lo incitavano a scriverne degli altri, avevo pensato a un’altra invenzione di questo scrittore che vive per raccontarlo, è una telenovela in carne e ossa dove la verità è un falso e i falsi sono la verità. Continua a leggere

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Allontanarsi dalla zona

Le cose ci sono, poi non ci sono più, il tempo consuma tutto. Cadono le case, muoiono le persone, cambiano gli allenatori: quelli che perdono e anche quelli che vincono. Così Pep Guardiola lascia la panchina del Barcellona, dopo 4 anni e tutti i record battuti: titoli, gol, partite. Il suo gesto si chiama contrazione corrispondente al quarto anno di ultravittorie. E non lo fa perché ha una offerta migliore – anche se non mancano – ma perché desidera un anno normale, “senza questo pazzo calcio ogni tre giorni”. Diciamo subito che Guardiola sta al calcio come Barack Obama alla politica (quando – come fa Stephen King nel suo ultimo romanzo “22 11 1963” – bisognerà dire dell’evoluzione della specie: per lo sport si citerà lui), e che il suo gesto somiglia a quello di Al Gore, si allontana con una rinuncia, per vedere meglio le cose e poi andare ancora più in là, se è possibile. In questi anni ha rappresentato l’idea nuova del pallone: i tocchi orizzontali veloci stanno al calcio come i baci senza pudore al cinema, il possesso di palla e la supremazia sono uguali alla forza di Marlon Brando sullo schermo, una imposizione di sentimenti selvaggi che diventano supremazia di gesti, trasformando le partite in cinema naturale, con il copione della vittoria scritto e lasciando agli avversari solo il ruolo di comparsa. Ha esasperato il gioco fino a farne leziosità come lamentano i suoi detrattori, ma il suo Barcellona sarà ricordato al pari del Brasile di Pelé e Garrincha, del grande Torino, dell’Olanda di Cruyff (suo grande sponsor) e Rinus Michels o l’Argentina di Maradona (che poi la squadra iniziava e finiva con lui). Diventerà un ricordo collettivo che verrà evocato con le facce dello stupore, e accompagnato da numeri, gol, impressioni. Continua a leggere

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Bob, il futuro e la partenza inconsapevole

Nel latrato dei cani sta il segreto della notte, canta alla radio il pianista nero, e Bob, pallone sotto la testa, disteso in terra, sorride, guardano Dumas, il suo cane che, invece, ha vinto il divano. Gli aspetti specifici di un pomeriggio fanno parte di un canone personale che qui non intendiamo raccontare, ci interessano le variabili in circolo tra radio e orecchio, e l’ubicazione speciale di un pensiero solo, quello che si chiede: che forma ha il futuro, visto a tanto così da terra? La maggior parte delle frequenze captate non risponde alla domanda, e noi allora proviamo a risalire, senza urtare la suscettibilità del cane, scartando e scartando quello che arriva in cuffia e non è musica. Il cane – chiariamoci – è testimone di un unico desiderio, la fame, infatti non è inquadrato. C’è, invece, un valore da zero a tre che è già stato superato, e questo le nostre orbite l’hanno assorbito. Andiamo avanti. Scartati i suoni esterni che catalogheremo come popolazione distinta estranea alla casa o luogo in esame, e dentro ci vanno anche rumori complessivi, tipo auto, donne e gatti e loro emissione di esistenza, ma senza vincoli di razza. Continua a leggere

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Il calciatore

Il calciatore è una figurina, che va sempre oltre la tua immaginazione, per questo ti resta in testa. Quelli che non superano quella linea non fanno parte della squadra dei ricordi. Il calcio è epico perché il calciatore è soldato, mercenario, perde e vince, suda e si asciuga, sempre per gioco. È amore inconsapevole per lui, se ne accorge solo quando smette, se smette e non prova a sedersi a bordo campo e urlare. Prima è religione, questa sì, inconsapevole, ci credi perché è quello che hai imparato, darla veloce, non contraddire il mister e buttarla sempre nella porta avversaria, il resto: mistero glorioso. Nel senso di dopo, aldilà, della partita. Quelli che ti aspettano fuori, processione o funerale. Il calciatore ha tante vite: tutte di 90 minuti, per questo protesta quando è chiamato a uscire prime del tempo, è una vita a metà, talvolta anche meno. E l’allenatore se non è Dio è il suo amministratore delegato. E il mondo appare sotto controllo, schemi e confini, numeri e posizioni, il resto è sorpresa della palla. Il campo è solitudine fin quando non ci metti i piedi, e la testa, appare persino inutile senza qualcuno che corra promettendo di buttarla dentro. Continua a leggere

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Emma

E poi a Wallace sembrò per la prima volta di riuscire a inquadrare tutto l’insieme, l’intero arredamento del suo corpo, no, niente a che vedere con la moda o le vanità, ma l’esatta misura dell’immagine che diamo agli altri. Si era incoraggiato ad amare, aveva dismesso quella sonnolenza che guidava la sua vita, il suo stare sommerso, distratto, persino superficiale, e non era servito a niente. Il suo problema era la circolarità dei sogni, sì, perché gira e rigira tutte avevano un manifesto comune di desideri, che scrivevano in modo diverso, da parti lontane, ma poi il risultato non cambiava. Emma non era diversa. La vita di attore consente di passare da un anno all’altro come da una cucina alla camera da letto, e Wallace lo faceva con stile, l’amore, invece, non ha problemi di orario, non è mica un aereo, solo che ora, qui, in questo tempo, lo avevano ridotto a un volo da prendere. E Wallace, che non aveva perso mai nemmeno un tram, aveva deciso di vederli alzare tutti sti voli – e perderli – che poi erano donne che andavano, migravano, e lui le accompagnava con moltissimo affetto, ma proprio non riusciva a rimpiangerle, no. E più non aveva tracolli, più loro pensavano che fosse gelido, invece era solo un uomo razionale, se due pezzi non combaciano non devono giungersi. Continua a leggere

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