Archivio mensile:gennaio 2023

I collezionisti dell’effimero

327592251_572660001479419_2473070263969529092_nPrima di essere deportata ad Auschwitz, Irène Némirovsky, fece in tempo a scrivere “Tempesta in giugno”, romanzo di un grande esodo, e tra le tante storie mi colpì quella di Charlie Langelet: il collezionista di porcellane che nel caos cerca di salvarle. E mi fece pensare al protagonista di “Utz” di Bruce Chatwin: Kaspar Utz, grande collezionista di porcellana di Meissen, che è costretto a difendere nella Praga “normalizzata” dopo l’invasione sovietica. Chatwin scrive il suo romanzo come la Némirovsky poco prima di morire. Entrambi si erano trovati nella condizione – poi trasposta nelle pagine – di dover salvare l’indispensabile (su questo va letto “La Valigia” di Sergej Dovlatov che si trova davanti a una codificazione del salvabile a pensare «Ma davvero è tutto qui? E risposi: sì, è tutto qui»): Continua a leggere

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Kobe Bryant: Fellini gioca a basket

kobe-bryant-1200Tra la via Emilia e l’Nba, su un campo di piastrelle, Do the Right Thing e Amarcord, Fellini e poi Spike Lee, prima i campi – la tabula rasa gucciniana – e le strade antiche marcate ai bordi dalle fantasie di un duomo, Giuseppe Verdi e la nebbia poi il rap e i grattacieli, perché Kobe Bryant era l’America in casa, che da Rieti a Reggio Calabria alleva il bambino che poi a Reggio Emilia sogna di diventare grande, s’immagina lontano guardando il padre Joe da vicino, su campi meno luminosi, senza Dream Team, ma con gli insegnamenti italiani: «A 11 anni ero il più alto della squadra, ma gli allenatori ci dicevano: se volete imparare a giocare a basket, dovete imparare a fare tutto. Nessuno ha mai pensato di farmi giocare da lungo perché ero alto. In America? Se sei alto ti dicono giochi da lungo, se sei piccolo ti fanno fare il play. Se sono diventato un giocatore completo, è perché sono cresciuto in Italia».

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