Archivio mensile:settembre 2022

Fossati: cento anni di ebbrezza

mariofossatUna notte, in treno, Fausto Coppi, tornando dal Tour che aveva perso, disse al cronista, e prima amico, Fossati: «Caro Mario, ricordati: nella vita si ottiene tutto prima o poi. Ma tardi e male». C’è tutto Coppi in questa frase, e tutto Fossati, uno straordinario testimone dell’Italia sportiva e non: migliore in assoluto. Restituita con un linguaggio moderno, limpido, perfetto. Continua a leggere

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Siani a pezzi

Giancarlo-Siani-0È una foto che hanno visto tutti.

Una notizia che non passa.

Un ragazzo.

Un esempio.

Una macchina.

Una verità ancora da scoprire.

Un pensiero. Continua a leggere

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Mia, nostra, dell’universo

185945742_4603714836312342_1087471696409484490_nDomenica Rita Adriana Bertè, per gli amici e per il pubblico, Mia Martini. Non solo per Mia Farrow, ma per un’appartenenza e coerenza a se stessa da avere sempre impressa, soprattutto nel nome.

Amò e fu amata da Charles Aznavour, forse perché tra essere armeni a Parigi e calabresi a Roma, non c’è mai stata così tanta differenza. Continua a leggere

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Il ritiro di Federer: la fine del Nouveau Tennis

Prima di Roger Federer i tennisti si dividevano in casinisti e silenziosi, dopo in chi ha giocato e vinto/perso contro di lui. La sottocategoria è chi ha visto/toccato il Re e chi l’ha guardato in tivù perdendosi molto della sua bellezza: come spiegava anni fa Jean-Luc Godard  parlando delle regie televisive nelle partite di tennis. Federer ha fondato un nuovo tennis e di conseguenza una nuova fede nel tennis che aveva il rispetto anche degli avversari. Una chiesa tennistica fatta di mucche in garage (tranquillità e fedeltà a se stesso e al suo paesaggio), colpi vorticistici e spaccapolsi – per torsione e non forza – e commozione negli occhi di chi guardava e poi nei suoi quando poteva constatare che ancora una volta gli era riuscito di resuscitare. Continua a leggere

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Domani nell’area di rigore pensa a me

img_20150920_0001Per Javier Marías il calcio era drammaturgia, cinema naturale, «per questo il suo mondo è stato portato di rado sul grande schermo: parrebbe una ridondanza». Lo guardava come si guarda una sfilata di eroi, banditi, pistoleri, figuranti, marziani e bionde, innamorati e bambini, Marlowe e Marilyn, tirando fuori storie meravigliose dalle barbe agli sguardi, dal canto degli inni ai calci di Cantona: il miglior Marías – selvaggio e sentimentale – quello che scrive di pallone, non preoccupandosi di pettinare la pagina, ma lasciandosi andare, tanto che nei suoi elenchi finisce anche l’impensabile: Vierchowod. Guardava le squadre e i loro linguaggi come si guardano i film di Ford o Lubitsch, sapendo che gli autori usano interpreti diversi ma a loro affini: «mai John Wayne in un’opera di Billy Wilder», o Maradona alla Juventus. La Nazionale italiana che vinse il mondiale del 2006 gli ricordava la bimba “Bellissima” di Visconti; il suo amatissimo Real Madrid era puro cinema di Hitchcock, con preferenza per le bionde: Di Stéfano, Kopa, Netzer, Velázquez, Pardeza, Prosinecki e Butragueño; Continua a leggere

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