Con Roberto Perrone non se ne è andato solo uno scrittore e giornalista sportivo, no, ma un mondo che allacciava gli stadi alle tavole. In quel mondo chi raccontava lo sport non aveva nemmeno un ricordo banale, ma un lungo elenco di storie assurde che lo portavano a conoscere i migliori ristoranti e le malevite che ci pranzavano, fino a sapere come stessero i topi in cucina. Perrone aveva raccontato calcio, tennis, nuoto, cibo, braccia, gambe, teste e città. Per brevità. Apparteneva agli immediati – quelli che scrivono ovunque e comunque – e che anche nel caos acchiappavano il dettaglio. Poteva dirti che i colpi di John McEnroe erano carezze alla palla e quindi silenziosi; o parlarti della caviglia di Novella Calligaris e di come il cloro l’avesse modellata; Continua a leggere