The Quiet Man

L’uomo tranquillo è una linea retta, non veste alla moda perché ha con sé la singolarità del tempo e non deve delegare il suo aspetto alle scelte stilistiche degli altri. La sua modernità è out of time, come i baffi, e la tranquillità. Vicente Del Bosque, è l’allenatore, che piacerebbe a Nereo Rocco, perché artigiano e perché antepone l’umanità al resto, è prima di tutto un padre, avendo fatto anche il direttore della scuola di fútbol del Real Madrid. Uno che non cambia davanti a sconfitta e vittoria. Non cambiò nemmeno quando al Real Madrid gli dissero che era poco galactico e molto viejo, gordo, anche se ganador, non bastava. Avrà pensato come il professore di storia di “Schindler’s List”: da quando è che non serve? Due Champions? Una coppa intercontinentale? Se non fosse stato un uomo tranquillo, non sarebbe andato in Turchia ad allenare il Beşiktaş – «gran bella città Istanbul», un altro ci montava su una biografia d’esiliato –, non avrebbe rifiutato la panchina della nazionale messicana, e atteso tre anni, sapeva che il suo paese era in debito con lui. Quando gli han dato la Spagna, ha subito applicato i tre comandamenti: pressione sugli avversari, possesso della palla e profondità. I risultati sono un mondiale e un europeo, è anche vero che ha avuto una generazione di calciatori educati alla vittoria dai proprio club e cresciuti per quel tipo di gioco, è come crearsi una specie per un paesaggio, il resto è sotto gli occhi di tutti e sui campi del mondo. Vittorie, bel gioco con un possesso di palla sfinente, passaggi da flipper e addirittura venendo meno l’attaccante puro (almeno secondo DlB): David Villa, l’uomo tranquillo ha deciso che sì, poteva anche evitare, e ha avuto ragione. Ha utilizzato Torres col contagocce, preferendogli Fabregas. Del Bosque è uno che sa prendersi i rischi, perché conosce il baratro. Tutti penserete che con Iniesta è facile prendersi rischi, con Xavi poi è un gioco, appunto, è quello lo spirito, lui sa che la sua tattica è vincente, che la tecnica dei suoi giocatori è altissima, e siccome è un uomo tranquillo non ha un fútbol unico ma dei principi applicabili e modulabili, così scommette, conoscendo che cosa c’è in fondo al corridoio: sempre delle scale, e di fronte un ascensore, e poi l’uscita e se sai portarti in braccio una volta quella solitudine, con le altre diventa un mazzo di fiori, e ci scherzi, anche. E ora che i giornali di mezzo mondo gli danno del moderno, risponde che lui e il calcio della sua nazionale sono solo dei sintomi della modernità del paese, mettendosi di lato. E quando va in conferenza stampa dopo le partite vinte, prima loda gli avversari, poi parla dei suoi meriti, lo ha fatto anche con l’Italia e Prandelli. Non è il politicamente corretto applicato al calcio, ma la conoscenza dell’umiliazione a fare di lui un grande uomo. Come calciatore non gli era andata bene cominciò nelle giovanili del Real, fu ceduto al Castilla, poi Córdoba, Castellón e ritorno a Madrid. Non giocò il mondiale che gli toccava, quello del 1978 in Argentina, si fece male un mese prima, recuperò ma non fu chiamato da Ladislao Kubala, commentò l’esclusione con una frase da comitato centrale: «ha preso la sua decisione». C’è una foto di lui da giocare del Real Madrid, appoggiato al palo con il braccio infilato nella rete, sembra un Lucio Dalla calcistico, ha già i baffi, il sei sulla schiena, la mano sinistra fasciata, ancora i capelli e guarda il campo, non si capisce bene se è una pausa per un infortunio o l’attesa di un calcio d’angolo, quello che si capisce è che era già un uomo tranquillo e solo, non ci sono altri calciatori intorno. Eppure è una foto di molti anni fa. Il tempo gli ha solo donato più serenità. Non a caso la sua biografia – scritta dal giornalista Francisco José Sánchez Cañamero – si intitola: “Vicente del Bosque, la serenidad” (Anthema Ediciones). Ci sono due episodi che gli cambiano la vita, il primo è la nascita di suo figlio Álvaro (con la sindrome di Down, «credo che una situazione del genere sia buona per molte famiglie »), che aumenta la sua empatia. E poi il licenziamento dal Real Madrid. Un altro diventava un uomo rancoroso, lui no, ha capito come è facile essere buttato via: tutto si svolge in un corridoio, lui scopre una congiura guidata dal presidente Florentino Pérez, complice anche Jorge Valdano (sacrificato, anni dopo, quasi con lo stesso metodo in nome e per conto di Mourinho) tutti sanno che non allenerà la squadra l’anno dopo e nessuno glielo dice, persino alcuni giornalisti. Scopre che non ha la faccia intonata alla camicia, reagisce con la dignità di Mastroianni in “Una giornata particolare”. Figlio di un ferroviere antifranchista di Salamanca, sa che il viaggio è lungo, che si sale e si scende dai treni e quello che rimane è lo stile. Non a caso uno come Johan Cruyff che difficilmente ha parole gentili per gli altri, lo definisce: «un señor». È la sua vita fuori moda a tracciare la direzione della modernità, è sempre stato altro dall’unicità ripetitiva del pallone, perché aveva l’estetica e la classe dei maestri, e quelli, sono differenti, tanto che la gente, il calcio, la vita ci mettono del tempo per dare ragioni alle loro idee e per lasciargli lo spazio e le occasioni giuste per cambiare le cose: vincere e dimostrare che no, l’apparenza non inganna, era un uomo tranquillo in campo e sulla panchina, uno che sapeva e sa aspettare tutto, senza lamentarsi. E quando vince, sorride, e si preoccupa di chi ha perso, non sbraita, perché è già stato solo in fondo al corridoio, con i titoli di coda che gli passavano di fianco, almeno un paio di volte.

 Photos of Alejandro Ruesga and Raul Cancio

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2 thoughts on “The Quiet Man

  1. […] direzione da prendere e la forma adeguata per le energie che producono il movimento: Ignacio Zoco, Vicente del Bosque e Fernando Carlos Redondo. Quest’ultimo era il più forte dei tre, anche se Zoco era un […]

  2. […] e di conseguenza anche il dibattito. Maurizio Sarri e la sua squadra hanno applicato quello che Vincente Del Bosque disse quando gli diedero il Pallone d’Oro della Fifa come miglior allenatore dell’anno: «Tutti […]

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