Trama celeste

In alcuni paesi l’intruso che sia umano o meno è visto come nemico, il resto dipende dalla modalità di arrivo e dalla velocità di uscita. Certo, anche la postura è importante, lo stile – dallo sport alle intrusioni – ha una sua valenza, e anche in questa storia ne terremo conto. La donna esce dal supermercato, ha comprato dei dolci, è un gran giorno. Ha fretta e in alcune versioni del suo racconto, dirà anche di avere dentro quello che tutti chiamiamo: strano presentimento. Vede poggiato al cofano della sua dodge, un marine, o almeno questo è il suo pensiero, vede la divisa, e scatta il pensiero: marine. Non conosce nessun militare. Non lo tradisce, non aspetta nessuno. Comincia a interrogarsi su una possibile colpa, non la trova. Il marine alza lo sguardo, la vede arrivare, ha una espressione di meraviglia sul viso, gira intorno all’auto e se ne va. La donna raggiunge l’auto, apre lo sportello con una certa fretta, posa i dolci, e nota che sui sedili posteriori c’è della polvere bianca. La cosa interessante, e ciò che accade dopo. La donna, che adesso chiameremo Monica, nonostante sia impaurita – sono passati degli anni dai giorni contrassegnati dalla tv come quelli dell’emergenza antrace, ma l’ossessione rimane, quasi un riflesso di timore – commette due errori: annusa i sedili, nonostante gli ammonimenti degli esperti, che ha sentito un mucchio di volte, e dopo, con una praticità che solo le donne sanno avere, visto che non accade nulla, si mette in auto e torna a casa.  E no, non racconta la storia a nessuno. Ha comprato l’auto da pochi giorni. La sua imprudenza, poi, verrà contrassegnata come “atto che si chiama Monica”. Il giorno dopo, porta la sua dodge all’autolavaggio cinese a tre isolati da casa, loro assorbono lo sporco, lei dimentica la storia.

***

In alcuni sonni, l’uomo viene visitato da un detective privato che gli chiede conto di molte cose, soprattutto delle pietre di Kabul, poi anche dei morti. È un professionista, potrebbe essere anche uno della Cia, addetto alla conta dei crimini e dei corpi lasciati sul campo, che si esercita nei sonni dei reduci. Questo pensa, al risveglio, quello che fa dopo è: asciugarsi il sudore della fronte con le lenzuola. Nonostante sia uno di quegli uomini convinti delle azioni compiute, vorrebbe in ogni modo evitare quell’inspiegabile interrogatorio che tormenta profondamente i suoi risvegli improvvisi. Vorrebbe un regolamento d’uscita migliore per il suo sonno, pari a quello avuto per l’ingaggio dei crimini. Le regole erano chiare, come abbattere case. C’erano le coordinate, le facce, i corpi e i tempi. E persino un ufficiale contatore, che poi ti assolveva a sera. Ogni conflitto distruttivo che ti portavi dentro, andava usato contro il nemico, e per questo ti martellavano, ma da svegli. Forse, il detective è una conseguenza, ha anche pensato di rivolgersi al medico dell’esercito, e raccontargli tutto, ma se poi compromette le prossime missioni? E allora prega, se Dio era con lui a Kabul, deve restarci anche qui. E lui, dal profondo del cuore, si aspetta un segno, oltre che una mano che afferri e porti via, definitivamente, il detective che viene a fargli visita. Amen.

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In tv c’è una donna che tossisce, e poi le immagini staccano sull’esterno di un ospedale, Monica, ripercorre la pianta di quel giorno assurdo, che aveva dimenticato, e nemmeno questa volta ha paura. Si dice, che domani riporterà l’auto dai cinesi, così saprà se qualcuno ha avuto conseguenze pulendo la sua dodge. Quando tira fuori dal forno la sua torta di mele, non ha più pensieri, per quel giorno, ne ha perso, di nuovo le tracce. A letto, invece, ripensa alla faccia stupita dell’uomo, aspettava un’altra donna. Ecco. Ma può esistere una situazione parallela dove la sua auto è parcheggiata da una donna differente e c’è un uomo che la aspetta? E soprattutto che cosa c’entra la polvere bianca? Come c’è finita, visto che l’auto era chiusa, di sicuro l’uomo e la polvere non sono collegati, è l’auto che è collegata all’uomo, e l’altra donna che aspettava. Monica, per la prima volta, ha un rimorso enorme, per non aver rincorso l’uomo, ma era impaurita, e per non aver salvato un poco di quella polvere bianca e dissolto il mistero, ma con questi allarmi chi sarebbe stato disposto ad analizzarla? E chi non l’avrebbe denunciata vedendola girare con la polvere? Solo i cinesi, hanno pulito senza fare domande, e forse è meglio non farsene. Alla tv l’evento è una intervista allo scrittore Cormac McCarthy, che ha scritto un libro bellissimo “the Road”, lei lavora in biblioteca, l’ha letto e ha pianto sul finale. È una donna pratica, si aspetta una spiegazione dall’autore. McCarthy intervistato da Oprah Winfrey, le sue parole, la portano lontano dall’angoscia, anche se non arriva la risposta che cercava.

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L’uomo oltre il suo problema nel sonno, ne ha un altro, non riesce a trovare più la donna che amava. Era tornato con in testa una frase per far comprendere la sua missione, c’aveva pensato tutto tempo, atterraggio, misure di sicurezza, accoglienza dei superiori e poi quando sarebbe apparsa Betsy, le avrebbe detto: «l’Afghanistan è un mucchio di sassi», e poi tirando fuori la pietra dalla tasca, sorridendo, finalmente sarebbe partito un abbraccio. Cerimonia rimandata, aveva pensato. A seguire: vuoto casalingo. Da quando è tornato dal fronte, pochi giorni, si è imbattuto in una realtà che gli appare estranea: c’è tutto, casa, giardino, cane, negozio, meno sua moglie e l’auto. E nessuno sembra avvertire l’assenza, non che loro avessero molti amici in città, è stato a casa degli Anderson e ha trovato la signora Smith, nessuna notizia. Ha chiesto scusa e ripiegato, come si fa sotto il fuoco avverso. È passato dal negozio, e non solo è chiuso, mancano le chiavi, manca l’insegna: recante torta stilizzata, con panna, candeline e sfumature rosa. Oltre la scritta confectionery, sparita, sembra non esserci mai stata. Interdetto ha vagato per la città. Si chiede perché lei non ci sia. Le lettere erano rassicuranti, amorose, forse ha sbagliato a non ancorarla a sé con un figlio. Questo l’errore, sembra stargli seduto di fianco, mentre gira a vuoto. William Marcus, sergente maggiore, e un tiratore scelto dell’esercito, il migliore della sua levata. E no, proprio non si aspettava questa sorpresa.

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Monica Crane, è uscita dalla biblioteca dove lavora, passa a prendere i dolci, oggi ha sistemato solo libri di ricette, e le è venuta voglia di portarne a casa, molti. La pasticceria dove va di solito è stranamente chiusa e senza insegna, sembra non ci sia mai stata. Che fine ha fatto Betsy? Si ricorda di aver letto un annuncio sul giornale della scuola, ne hanno appena aperto una, nel centro commerciale ad est della città. Non è lontana, forse è la sua pasticcera che si è solo trasferita. Mentre parcheggia, telefona la babysitter della sua bimba Judy, le chiede di tornare prima: stasera ci sono le finali di basket e lei deve essere a casa prima del suo ragazzo, o è un casino peggio di Kathrina. Monica, sorridendo, le annuncia i suoi programmi e promette il rientro da lì a poco. Sente il marito, James La Rocca, ripete i suoi programmi e poi con una strana impressione di inadeguatezza, pensa al cambio di abitudini e pasticceria, va a cercare i suoi dolci. È tardo pomeriggio, siamo in primavera, non fa freddo, c’è una bella luce, ancora per poco, e un cielo limpido. Monica legge le indicazioni: ascensore, destra poi ancora destra, eccola. Una vetrina invitante, prima era stata abbracciata dal profumo. Si sente fortunata, o qualcosa di simile, entra, no, non Betsy, ma un’altra donna, sceglie con decisione, e poi torna all’auto, conosce la strada, eppure esita, forse la folla, l’aria condizionata, sente un leggero fastidio, ma dura poco.

***

William ha riconosciuto l’auto, l’ha vista dalla strada, ha rischiato di inchiodarsi addosso a un pickup Ford. È entrato nel parcheggio, ha visto lo zucchero sui sediolini e ha provato solo stesso piacere del ritorno alla base in Afghanistan. Sicuro che fosse l’auto della sua Betsy, ha controllato la targa, poi ha cercato una botta sul lato destro, ma non c’era: «l’avrà fatta aggiustare», ha pensato, ma lo zucchero diceva che era la sua dodge. Firmato Betsy. Ha tirato un sospiro di sollievo, pensato di entrare nel centro commerciale, ma la sua mente abituata sempre alla soluzione di prudenza maggiore, ha scelto per l’attesa. Entrando poteva rischiare di perderla, già, ma perché non torna a casa? Quando ha visto la faccia spaventata della donna e ha capito che l’auto era la sua, tra mille dubbi e rabbia è andato via. «Ha venduto la macchina, la troia, ed è scappata».

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2 thoughts on “Trama celeste

  1. apedieinstein ha detto:

    a furia di riavvolgere il nastro di una vita di merda, nei tratti sgranati, riesci a cogliere fotogrammi un tempo trascurati, dettagli inutili si era detto, ma solo quelli facevano di te un visionario, allontanandoti da stupide tentazioni di razionalità.

    WRITE AGAIN MEXICAN, WE NEED YOUR MADNESS !

  2. […] «Sì, puoi giurarci il paradiso è una donna nera, e ti sta addosso», dice chiamando il cameriere e ordinando un altro Martini, per entrambi.  Io penso alla noia di Borges che s’immaginava il paradiso come una specie di biblioteca, agli ebrei che dicono in paradiso noi faremo la nostra vita normale, solo con una tazza appena un po’ spostata, agli islamici che la mettono giù con tutte quelle vergini, ai ragazzi neri di Harlem che direbbero musica e un campo di basket, io mi accontenterei sempre e solo della Sharapova, che è donna, ma non è nera, ma non lo dico per non rovinare il paradiso di Ben. Quando finisce l’intervista, riaccendo il telefonino, guardo i messaggi e c’è uno di Paulo che dice: non volermene socio, ma ho conosciuto una che è il paradiso, di lasciarla non me la sentivo, dammi qualche giorno e arrivo. Penso: devo riflettere seriamente sull’aldilà, ma rimando, perché ho bisogno di un posto dove dormire. Odio i piani che vanno all’aria, ma non riesco ad essere incazzato con Paulo. Ho anche troppo Martini nello stomaco, e solo qualche oliva che nuota solitaria, devo mangiare e poi dormire, domani ragionerò sulla ricerca di qualcosa da fare e anche se cambiare piano. Potrei tornarmene a New York, e lì non sarei né solo né annoiato. Ma entro in un locale, mi piaceva l’insegna: una Mary Poppins succinta che ha un hamburger come ombrello. La cameriera mi sorride, io mi sento a casa, prendo il loro panino speciale, una grossa birra, e vorrei dirle che il paradiso potrebbe stare da queste parti. E alla fine le racconto davvero la mia giornata, e lei ricambia con un’altra storia, più assurda di quella raccontata da Ben, questa. […]

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