Archivi tag: Juan Rodolfo Wilcock

Tutto questo mal di denti un giorno ti sarà utile

5760Saul Bellow diceva che il due percento della sofferenza di un uomo ha a che fare con i denti. Ovviamente era uno scrittore e un uomo fortunato e quella fortuna lo portava a stimare al ribasso la sofferenza dovuta ai denti. Il suo amico Martin Amis portò quella sofferenza a una soglia molto alta, tanto da smettere di stimarla: niente percentuali, solo racconto. Per questo è curioso che due scrittori che si incontravano nella vita e nella pagina fossero così allontanati dal dolore dei denti. Continua a leggere

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Muoiono tutti ’sti stronzi

Sono poche le voci capaci di ricercare la sostanza del vivere e riassumerla in una frase sola. Tanto che quando io e Amleto De Silva ci siamo ritrovati – giovanotti, detto alla Totò  – al cospetto del professor Roberto Vacca – pulpito e pietra di un’Italia che non c’è più – non credevamo alle nostre orecchie, perché era un continuo eruttare di sapere e ironia, alto e basso, e vedere passarci accanto Stefano Benni scostante e infreddolito con occhi solo per il mare, o Adriano Sofri che faceva foto ai cani, rendeva la voce gassmaniana (e anche grassmanniana per i più colti in matematica) di Vacca ancora più alta, Continua a leggere

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Mi Buenos Aires querido

Tutta colpa di Edmondo De Amicis e del suo racconto “Dagli Appennini alle Ande”, dove c’era un ragazzo che aveva la mia età e il mio stesso nome e si imbarcava da Genova per Buenos Aires alla ricerca di sua madre. Sono cresciuto con De Amicis che, con i vaccini e la comunione, era tra le cose inevitabili – per fortuna –, anche se oggi fa pensare a Carlo Calenda e al suo aver recitato nello sceneggiato del nonno – Luigi Comencini – tratto dal libro “Cuore”. Continua a leggere

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I due allegri indiani

AVT_J-Rodolfo-Juan-RodolfoWilcock_6535Se la verità sulla letteratura italiana dovesse arrivare dalle raccolte dei giornali, dai loro allegati, dai corsi di scrittura, allora questa non vedrebbe mai la luce, e scrittori come Juan Rodolfo Wilcock rimarrebbero nascosti, dimenticati, sconosciuti. E, invece, Adelphi ripubblica il suo libro più bello: “I due allegri indiani”, e il singolare mondo dello scrittore argentino che scriveva in italiano, riemerge. La sua scrittura, unica, esce con prepotenza, e se si apre il libro, è impossibile non ascoltare la sua voce, piena di tonalità, brio, destrezza, fantasia. Continua a leggere

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